ARPINO : cenni storici

La fondazione di Arpino risale ad epoca remota anche se storicamente imprecisata. Lo confermerebbe, in modo indiretto, la tradizione che ne indica il fondatore nel mitico Saturno e nei Pelasgi i primi abitatori. Fu certamente un insediamento volsco, come testimoniano i ritrovamenti archeologici nel territorio e nelle immediate vicinanze del centro cittadino. Vi accennano inoltre le fonti letterarie dell'età classica che insieme con la presenza volsca ricordano quella dei Sanniti.

Nel 305 a.C., come afferma lo storico latino Tito Livio, fu conquistata dai Romani. Due anni dopo fu dichiarata città romana sine suffragio (senza suffragio) i suoi cittadini, cioè, non avevano il diritto di voto nelle assemblee né potevano essere eletti alle cariche politiche e amministrative dello stato romano, pur facendone parte.

Per la sua posizione geografica ai confini col territorio sannita diventò un importante avamposto di Roma. Costituita in praefectura (prefettura), era amministrata da magistrati, praefecti (prefetti), inviati direttamente da Roma, in rappresentanza del Pretore.

Nel 188 a.C. ottenne di essere città romana a pieno titolo e gli abitanti godettero di tutti i diritti propri dei cittadini romani. Il municipium (municipio) arpinate ebbe come magistrati tre aediles (edili) eletti dall'assemblea dei cittadini. Ampliò il proprio territorio, fino ad includervi gran parte delle zone circostanti (a nord - ovest il confine era segnato dall'attuale Casamari, a sud dall'odierna Arce). Con Caio Mario l'ager arpinas (il territorio arpinate) si arricchì anche di possedimenti nella Gallia Narbonese (oggi una regione del sud-est della Francia). L'illustre figlio di Arpino li donò al suo municipium dopo la battaglia di Vercelli (101 a.C.), come attesta anche Cicerone. I loro proventi servivano per la manutenzione degli edifici pubblici e sacri della città.

Durante la dittatura di Silla, il municipium vide ridurre il suo territorio e la sua importanza.

In epoca imperiale, soprattutto sotto l'imperatore Tiberio, si accentuò la sua progressiva decadenza, destinata ad arrestarsi solo nell'Alto Medioevo, infatti, quando tutto il Lazio meridionale era esposto alle invasioni barbariche, Arpino,con la sua rocca fortificata e le sue mura possenti, riacquistò importanza come luogo di rifugio e di difesa.

Dopo aver fatto parte del Ducato Romano, al tempo dei Longobardi fu coinvolta nelle contese tra il Ducato di Benevento ed il Papato e per un breve periodo cadde sotto il dominio di Gisulfo II. Successivamente visse confuse vicende, causate dalle scorrerie di opposte fazioni e dalle lotte tra feudatari. Divenne terra di conquista da parte dei Normanni, degli Svevi, del Papato e dovette subire due distruzioni ad opera di Federico II , nel 1229, e di Corrado IV, nel 1252. Quest'ultima ebbe effetti catastrofici: la città fu in gran parte rasa al suolo e scomparvero quasi completamente le testimonianze dell'insediamento romano. Gli abitanti superstiti furono costretti a rifugiarsi nella vicina località di Montenero che, ben fortificata, offriva maggiori possibilità di sopravvivenza.

Soltanto con la conquista angioina del Regno di Napoli, nel 1263, Arpino inizio a riprendersi. Risalgono molto probabilmente a questi anni i lavori di fortificazione delle antiche mura con la costruzione dei torrioni e l'ampliamento dei due castelli di Civita Vecchia (come dall'epoca medievale veniva chiamata l’ acropoli) e di Civita Falconara (così denominata perché nel suo impervio sperone roccioso nidificavano i falchi) i resti sono ancora visibili. Nel periodo angioino Arpino ebbe come feudatari Reginaldo Gaulard e la famiglia degli Etendard.

Intorno al 1329, l'anno dei primi Statuti comunali giunti fino a noi, signore della città era Giovanni Cantelmo.

Con diploma del 30 settembre 1409 ottenne dal re di Napoli Ladislao di Angiò-Durazzo il privilegio di « città demaniale » che, tra l'altro, comportava per le chiese parrocchiali e rurali l'esenzione dal pagamento delle rendite annuali. Il sovrano, nel tentativo di riaffermare l'egemonia angioina anche nell'Italia Centrale, soggiornò per un periodo di tempo ad Arpino, nel Castello di Civita Falconara, in modo da controllare più da vicino i confini settentrionali del regno.

Alla metà del XV secolo, durante l'aspra lotta tra Angioini ed Aragonesi, la città scampò al saccheggio per intervento di Pio II che così si rivolse al generale aragonese Napoleone Orsini: «Parce Arpinatibus ob Caii Marii et Marci Tulli memoriam » (« Risparmia gli Arpinati nel ricordo di Caio Mario e di Marco Tullio »).

Verso la fine del secolo la città fece parte del Ducato di Sora e godette di un periodo di rinnovamento come confermano i nuovi Statuti del 1487.

Passata successivamente, ai Marchesi d'Avalos di Pescara, fu acquistata da Giacomo Boncompagni il 5 maggio 1583, insieme con Aquino. Per i due « stati » il Boncompagni versò ad Alfonso d'Avalos 243.000 ducati. Reintegrata nel Ducato di Sora - che il Boncompagni aveva acquistato nel 1579 da Francesco Maria della Rovere la città beneficiò del generale sviluppo industriale e sociale promosso nel Ducato dai nuovi feudatari.

I secoli XVII e XVIII costituirono, così, il periodo della sua massima espansione economica e demografica e videro la nascita e lo sviluppo della prestigiosa tradizione di Arpino come centro di studi e di cultura.

Nel 1796 la città tornò a far parte dei diretti possedimenti del regno di Napoli e fu assegnata alla provincia di Terra di Lavoro. Fino alla metà del XIX secolo mantenne le sue floride condizioni.

Con l'Unità d'Italia la storia cittadina si inquadrò in quella del nuovo regno, vivendone gli iniziali problemi e risentendo in particolare dell'unificazione economica.

Arpino, nonostante il glorioso passato e la partecipazione ai movimenti unitari, vide deluse le sue aspirazioni, come quella di diventare Sottoprefettura. Nello stesso periodo iniziò la sua decadenza economica che non fu frenata né dalla nascita di una « Società Operaia di Mutuo Soccorso » né dallo spirito associazionistico dei lavoratori. La città riuscì a conservare soltanto il suo primato culturale grazie alla presenza del Convitto e del Liceo « Tulliano » che restarono un faro luminoso e una palestra di umanità.

Nemmeno con la costruzione della ferrovia Roccasecca - Avezzano (1884-1902) si determinarono condizioni di ripresa socio - economica e nulla riuscì ad impedire il forte flusso emigratorio verso gli Stati Uniti d'America e i Paesi europei.

Nel 1927 Arpino entrò a far parte della neocostituita provincia di Frosinone e quindi del territorio laziale.

Durante il secondo conflitto mondiale la città fu coinvolta in modo diretto nelle tristi vicende belliche poiché divenne sede di supporto delle truppe tedesche impegnate sul fronte di Cassino. Non mancò neppure il contributo di vite umane pagato con l'eccidio di inermi cittadini, avvenuto nel maggio 1944 nella località di Collecarino.

Nel dopoguerra Arpino sfavorita anche dalla sua posizione geografica non è riuscita ad inserirsi adeguatamente nel processo di trasformazione socio - economica, avviato nel Paese. Ancora oggi convivono forme di economia agricola ed industriale, peraltro di modesto livello, insieme con altre attinenti soprattutto al settore terziario.

Da tale situazione la città è stata indotta a far leva ancora di più sul suo tradizionale primato nel settore culturale, cercando in esso nuove vie di sviluppo, promuovendo la realizzazione di iniziative a carattere internazionale e mirando sempre alla valorizzazione delle espressioni più alte della cultura. Questa sensibilità particolare Arpino la manifesta, anche, con il conferimento della cittadinanza onoraria ad illustri personalità del mondo culturale che, con la loro opera e con il loro legame con la città, abbiano contribuito e contribuiscano ad accrescerne la fama. Fino ad oggi sono stati insigniti del significativo riconoscimento gli studiosi e critici d'arte Herwart Roettgen e Italo Faldi, lo scultore Umberto Mastroianni, lo scrittore Giuseppe Bonaviri e il musicista Ennio Morricone.

La conformazione di Arpino si adatta bene all'orografia del territorio collinare. Richiama la forma della lettera greca « chi » c : i bracci sono rappresentati dai quartieri Colle, Arco, Ponte, Civita Falconara, e la loro congiunzione costituisce il centro del paese.
 

AEREA1.JPG (8946 byte)
Veduta aerea della città

L'odierna struttura abitativa è il risultato della sovrapposizione degli insediamenti volsco, romano, medievale, sette - ottocentesco, delle vicende storiche e dei fenomeni sismici (particolarmente disastrosi quelli degli anni 1349, 1654 e 1915). Nel tessuto urbano le testimonianze dell'antica funzione militare e strategica (mura, torrioni e opere di fortificazione) convivono con quelle della successiva funzione di importante centro dell' industria laniera. I quartieri offrono un'immagine architettonica omogenea, con la presenza di caratteri medievali, di edifici sacri, di abitazioni signorili del Settecento e dell'Ottocento dai bei portali in pietra, arricchiti di fregi e stemmi. La maggior parte di questi ultimi adorna la chiave di volta della arcate dei portali; pochi sono isolati. Sono scolpiti su pietra locale più o meno levigata. Ogni stemma appartiene ad una famiglia e ne illustra il cognome in funzione ornamentale, senza seguire i dettami dell'araldica.

La conservazione pressoché totale dei tratti tipici dell'impianto abitativo sette - ottocentesco è da mettere in relazione, molto probabilmente, con il calo demografico che la città subì in seguito alla crisi dell'industria laniera nella seconda metà del XIX secolo. Da allora infatti si determina l'arresto quasi totale del processo di trasformazione e di ristrutturazione del tessuto urbanistico.

 



Resti del monumento
funerario romano
(La tomba di Saturno)



Scorcio del centro storico  visto
dall'Acropoli

<< torna indietro