Una pietra nello stagno                  riflessione di Alberto Maccechini

Vorrei affrontare un argomento che so essere spinoso, controverso e che, inevitabilmente, mi porterà ad esprimere considerazioni (del tutto personali chiaro) su alcuni ambienti o persone che non amano essere chiamati in causa. Ma è un bel po' che ci rimugino su e anche se rischio di rompere l'alveare e di beccarmi alcuni pungiglioni voglio farlo lo stesso. 
Che il trial sia uno sport che trova sempre meno adepti lo sappiamo tutti, il principale problema che ci sta soffocando è determinato dal divieto generalizzato di utilizzare le nostre moto nei posti e nei territori dove possa avere un senso la loro tipologia costruttiva. Non conosco dettagliatamente la situazione regione per regione, anche se parlando con gli amici del resto d'Italia mi sembra di arguire che la situazione è pressoché omogenea. In Lombardia, da quasi quindici anni, il mettere la ruota anteriore fuori dell'asfalto ti pone subito nella condizione d'estrema vulnerabilità ad essere perseguito, a norma di legge, con sanzioni amministrative gravose e non da tutti sopportabili, il modo in cui sei trattato poi (certo molto dipende dalle persone che trovi, ma per esperienza siamo visti alla stregua di bracconieri e di vandali distruttori che se ne fregano del rispetto della cosa pubblica e traggono soddisfazione dall'infrangere le leggi) è una delle cose peggiori. Un bel branco di dottor Jeckyll che durante la settimana lavorano seriamente, studiano con profitto, fanno i papà e seguono la famiglia, pagano le tasse e magari vanno anche in Chiesa ma poi, chi il sabato o chi la domenica, subisce la nota trasformazione licantropica e insieme a molti altri Mister Hide, si avventa e compie misfatti innominabili. Non importa dove tu ti trovi in quel momento, se anche sei ai limiti di una discarica silenziosa quanto abusiva, sei tu lo scempio che va perseguito. Facili prede i trialisti che praticando spesso uno sport stanziale, contrariamente ai fratelli enduristi (continuo a chiamarli fratelli anche se in alcuni casi vorrei avere una carabina di precisione…….) che transitano velocemente da un sentiero all'altro, macinano 80-100 km e ritornano a casa gratificati da una mattina trascorsa senza intoppi. Noi no, anche se decidiamo di dedicarci al motoalpinismo, siamo lenti, amiamo goderci con calma il bel sentiero impegnativo e se troviamo un bel sassone, ci fermiamo pure un poco ad ammaccarci (noi e la moto). Se poi raggiungiamo qualche posto panoramico spesso ci si ferma ad ammirare il panorama che a volte, purtroppo, si tinge di grigioverde. Quello che vi ho appena raccontato per molti non sarà certo stato una novità ma serviva per inquadrare il problema. 
Avere molti ricordi, significa avere una buona memoria, certo, ma anche aver vissuto un considerevole numero di anni, abbiate pazienza quindi se spesso ricorrerò al "mi ricordo".
Mi ricordo, infatti, che tra la fine del 1970 e i primi anni ottanta, la domenica ci si trovava in numeri così considerevoli da costringerci a creare gruppi diversi che, seguendo percorsi alternativi, si ritrovavano poi nella stessa località per le solite quattro chiacchiere e poi si ritornava percorrendo al contrario il percorso fatto dagli altri per salire. Si cercava di non ingolfare un sentiero e il sistema era tacitamente "accettato" anche dai rari escursionisti che avevi occasione di incontrare. Uno dei momenti di maggior simpatia era quando qualche amico portava con sé per la prima volta il suo quattordicenne pargolo, bardato con i suoi vecchi stivali, il suo vecchio casco, e i suoi abiti trialistici di "qualche" chilo addietro. Facevano molta tenerezza perché ti sembrava di ritornare indietro negli anni e di ritrovarti di fronte l'amico di sei o sette anni prima. Il gruppo era prodigo di consigli e se c'era qualche difficoltà da superare spesso erano 4 o 6 le braccia che volevano contribuire al passaggio. Il cucciolo veniva adottato contemporaneamente da quattro o cinque nuovi padri e numerosi fratelli maggiori, il gruppo lo integrava simpaticamente e scrutava le sue possibilità. E' in questo modo che il trial ha raggiunto punte numericamente significative ed è solo da questo che sono usciti i piloti che noi tutti abbiamo avuto modo di amare nel corso degli anni. Poi tutto si è fermato. I Big sono rimasti in carica per anni, scambiandosi il titolo tricolore tra gli stessi due o tre nomi. Non c'era concorrenza, perché non si ricreava più automaticamente il serbatoio dei giovanissimi. Quanti di voi, a memoria mi sanno fare il nome di un pilota che è assurto a posizioni importanti in classifica e che non ha avuto l'excursus dei neofiti dei quali parlavo poc'anzi? Io non ne conosco. Già è molto difficile far rinunciare ad un ragazzino allo scooter, se poi questo non ha stimoli familiari, voglia di emulazione e scusate se è banale ma carrello a disposizione per spostarsi dignitosamente, chi glielo fa fare? E quale persona sensata, spende un mucchio di soldi per acquistarsi una moto da trial che, già in partenza, sa di non poterla usare se non contravvenendo alla legge? Certo, rimangono le gare ma non possiamo certo pretendere che uno acquisti una moto e di colpo si dedichi all'attività agonistica. E se gli piace il motoalpinismo e non ha alcun'attrazione a passare tre ore incaponendosi di fare quelle tre curve a zero senza poggiare piedi a terra?
Il problema come vedete è di difficile risoluzione ma da qualche parte si deve pur iniziare. Quelli di voi che hanno vissuto i periodi nei quali la sera delle riunioni di motoclub ci si trovava spesso in numeri considerevoli; che hanno condiviso assieme anche a semplici appassionati l'organizzazione di "trialate", di gare sociali aperte un poco a tutti, sanno cosa vuol dire la vera partecipazione ad un club. Sanno anche quanto fosse facile decidere di fare qualche cosa di nuovo, perché si poteva contare su moltissime persone. Certo, il riflusso c'è stato anche in altri settori della società, il disimpegno dall'impegno comune ed il rinchiudersi nel proprio privato è un fatto che ha motivazioni sociali troppo profonde per essere facilmente interpretate. Ma a mio avviso tutto ciò poteva venire, almeno in parte contrastato. Non ricordo più a quante riunioni presso la Federazione di Brescia e successivamente in Federazione a Milano, abbiamo partecipato, armati di cartine topografiche, di individuazione di aree potenzialmente disponibili, di idee maturate nei vari gruppi su come e dove si poteva procedere. Non si chiedeva la luna, anche se le rivendicazioni erano più che giustificate, non si è mai fatto dell'estremismo del tipo "tutto e subito", si chiedeva solamente di avere un punto di riferimento legale e rappresentativo che si prendesse cura, aiutato dalla propria esperienza professionale, di rivolgere istanza nelle sedi opportune, forte del fatto di rappresentare una Federazione Motociclistica Italiana, per cercare di ottenere qualche deroga a leggi che non ci concedevano scampo. A voi risulta che si sia acquisito da parte della Federazione un qualche risultato in questo senso? Non un'area riservata ma almeno un sentiero su dieci o uno su venti, non si poteva cercare di ottenerlo? Certo almeno una cava dismessa per consentirci di far allenare i nostri giovani ce la avrebbero potuta far assegnare. Invece no. Conosco anche qualche idiota poco lungimirante che a suo tempo era assertore di questa teoria: "Se ci facciamo assegnare un'area rischiamo che ci chiudano nelle riserve come gli indiani, rischiamo che se ci trovano in qualche posto diverso siano ancora più severi con noi, non potremo più mascherarci affermando che non sappiamo dove andare, ecc. ecc." Grazie anche a lui per gli ottimi risultati conseguiti.
 Ma torniamo alla nostra Federazione, grande organizzatrice di maxi raduni, di splendido mototurismo e di scarsissima coscienza nei confronti del fuoristrada in generale. Si sentiva evidentemente un po' vulnerabile su questo problema e allora cosa ti inventa? Il minitrial. Così nessuno potrà più affermare che non si fa niente. Piccolissimi bambini, tutto casco e stivali, a cavalcioni di motine che di trialistico hanno solo le sembianze, suddivisi in una marea di categorie e sottocategorie, il più delle volte in lotta solo contro se stessi. Seguiti con religiosa e premurosa attenzione da padri e madri spesso anche maltrattati dal pargolo, nutrito a cioccolatini alla fine di ogni zona. Portati in loco con veicoli che a volte nemmeno il più titolato italiano si può permettere. Ragazzini che non hanno imparato a soffrire almeno un poco su qualche sentiero, ragazzini pronti a lamentarsi alla prima difficoltà, ragazzini comunque innocenti di tutto ciò che qualcuno con scopi diversi, ha voluto costruire attorno a loro. Il minitrial è la "foglia di fico" della Federazione, il paravento dietro il quale nascondere il non aver voluto o saputo far niente negli ultimi dieci anni. Cosa credete di ricavarne?, futuri campioni? Ammesso e non concesso che il caso vi dia ragione, solo per casualità statistica, come pensate di tacitare le vostra coscienza nei confronti di tutti noi? Di tutti quegli appassionati che sono stati costretti loro malgrado a terminare una grande passione? Nei confronti di quelli che aspettavano in grazia il momento di poter travasare la loro esperienza sui figli ed instradarli verso uno sport tra i più formativi? Probabile che non ve ne freghi più di tanto. Così come sicuramente non importa più di tanto anche alle case costruttrici che ovviamente compensano il calo italiano con le vendite all'estero e una volta che i conti quadrano cosa importa se tra dieci anni non venderanno più una moto da trial in italia? 
Qualcuno mi può poi dare una spiegazione al perché, distruggere migliaia di abeti per fare spazio a candide piste da sci, installare torri di ferro per sostenere funivie e funicolari o skylift, cementificare intere vallate alpine con mostruosi giganti che ospiteranno in estate ed in inverno migliaia di turisti, qualcuno dicevo, mi vorrà spiegare perché tutto ciò sia lecito e conforme al rispetto ambientale mentre invece una moto su un sentiero che senza il suo passaggio in breve tempo sarà scomparso (come regolarmente è avvenuto ai sentieri una volta frequentati) faccia gridare allo scandalo? 


Mace