Vista con gli occhi di chi vive in città la montagna è si un bene da proteggere, ma soprattutto dalla gente che vi abita :contadini e agricoltori, allevatori e mandriani, montanari e pescatori,che lavorando faticosamente la terra o le coste,inevitabilmente modificano il paesaggio(come avviene da che l’uomo ha preso ad abitare il tempo) e quindi sporcano quell’immagine incontaminata della natura che invece si vuole conservare così, immacolata e intonsa, soprattutto priva d’impronta e volto umani!
Non è più dunque il contrasto d’un tempo fra il sentimento della campagna e la freneticità delle aree urbane, ma una guerra senza quartiere all’uomo e alla sua attività sul territorio. Un nuovo modo, insomma, di intendere ciò che è bene e ciò che è male, definito da ciò che è “naturale”(il bene) e ciò che è toccato da mano umana (il male).
Il contadino,il mandriano, il montanaro,non sono più visti come garanzia e tutela della montagna, presidio intelligente e operoso delle sue peculiarità, custodi di una risorsa per tutti, ma come i nemici primi e giurati della “naturalezza”.
Gli uomini della montagna sono infatti nemici del wildlife poiché intervengono fisicamente sul territorio, spostano zolle, modificano o perimetri, deviano i corsi d’acqua, disboscano qui e rimboscano la, rinchiudono bestie per terra e per acqua, irreggimentano i campi. L’immagine delle fattorie agli occhi dei neoambientalisti di estrazione tutta urbana diventano << campi di concentramento rurali, dove gli animali, detenuti contro la propria volontà, vengono sistematicamente sottoposti alle pratiche più barbariche>>.
Il mito urbano della natura incontaminata sacrifica dunque il nemico umano sull’altare di una nuova morale; espellere l’uomo dal paesaggio naturale,dal lavoro nei campi e dalla tutela del paesaggio in nome di un idea astratta di wildlife, costruita al tavolino di un ufficio del centro cittadino, finisce che l’ambiente selvaggio non più calmierato e raffrenato dall’ azione di continua bonifica svolta sul territorio dall’unico soggetto che la può pensare e realizzare, l’uomo, arrivi a dirimpetto alle aree edificate senza più cuscinetti offerti dagli spazi bonificati, pertanto,l’ambientalista radicale urbano prepara il proprio destino inesorabile spalancando le porte a una natura terribile e brutale che reclama il sopravvento.
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